Le faccende

Ogni giorno
bisogna fare le faccende.

Agenda, scadenze, spesa da fare,
scrivanie con documenti da riordinare,
pavimenti che si sporcano da soli
andate alla malora!

Anche solo il fatto di decidere cosa mangiare,
devi ammettere,
dopo un po', ma cheppalle.

Voglio pensare libero...
avrò il diritto di riflettere per giorni
immobile
su quel piccolo screzio che,
va detto,
mi ha così tanto fatto male al cuore?

Non voglio dovermi muovere
neanche per pisciare
ho bisogno di raccogliermi
soffrire bene
per quella minuzia
o per altre cose per me ora immense.

E invece le faccende.
L'acqua, per cominciare
e poi vestirsi
eventualmente mostrarsi al mondo.

Rispondere agli amici
anche scrivere queste parole
lavorare...
ma come si può lavorare quando hai nella mente
un amore disperso, un cavallo fuggito,
un'onda anomala, del denaro perduto
una scadenza che s'avvicina, un litigio che arde
ancora,
mentre guardi attonito bruciar l'intera casa?

Come ci si permette di chiederci
di sorridere ad estranei
o chiunque non sia me
dopo una pessima conversazione il giorno prima,
dopo una macchia, sul vestito, o forse nera sul volto
una nebbia nella pancia, un temporale epatico,
un vetro spaccato un calzino infeltrito
uno stipite
che per caso ha incontrato il mignolo del piede?

Come dovrei dormire dopo un equivoco,
un dialogo incerto, un rifiuto deciso
ero così felice!
Come un cane cieco, liberatosi finalmente da un labirinto,
metto il muso fuori
e vengo sparato
un proiettile mi buca la fronte e la mente
suona una sveglia e con essa
muoiono i sogni,
squilla un telefono e perdi quell'idea quasi realizzata,
ti arriva un messaggio
e la netta percezione di avercela fatta stavolta, d'esser finalmente felici,
si dissolve: tutto da rifare.

Come dovrei dormire ora,
perché dovrei lavarmi i denti
ma soprattutto domani
come vi permettete d'aspettarvi
che dopo non aver dormito io mi...
muova?

No ma dico,
siete seri?

Questa società che ci circonda
ci abitua forse troppo a dar per scontata
una soggiogazione,
un'abitudine abnegante al disastro?
Manomettiti tempo!
Che mi si abbandoni al pensare
-ogni volta che ne ho bisogno-
al disperarmi, al dolce crogiolo che precede
la presa di coscienza d'essersi dannati
per un nulla.

Perché poi
alla fine
tutto si risolve,
o quasi
male che va,
tutto esplode.

Eppur, in ogni caso,
nel mare calmo o nella tempesta
quanto mi rode...

ogni giorno, puntualmente
c'è da far le faccende!